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lunedì 15 ottobre 2007

Dichiarazione del Presidente di Assotravel, Andrea Giannetti, sull’ipotesi di reintroduzione della tassa di scopo

“L’ipotesi di un emendamento nella Legge Finanziaria 2008 volta alla reintroduzione della tassa di scopo turistica ci ha lasciato, francamente, interdetti. Il ripristino di tale “balzello” andrebbe a colpire in prima istanza gli alberghi e le altre strutture ricettive per poi produrre un effetto domino gravando anche sulle agenzie di viaggio, i tour operator e gli organizzatori di congressi.
Si può anche capire che i comuni italiani (sembra che l’idea di reinserimento dell’imposta di soggiorno come tassa di scopo sia stata proposta dall’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani), con bilanci falcidiati dalle finanziarie di governo, puntino a recuperare fondi per sopperire alle pressanti necessità, ma a farlo a spese del turismo potrebbe rivelarsi un rimedio peggiore del male. D'altronde i comuni hanno già assorbito i ticket dei bus turistici senza mai reimpiegare i proventi a favore del settore.
Ci duole registrare una sostanziale dicotomia sulla valutazione politica del settore del turismo quale risorsa positiva per il Paese. Da un lato, infatti, nelle dichiarazioni, anche e soprattutto ufficiali, si afferma la sua importanza e si prospetta l’esigenza di sostenerlo con incentivi e misure appropriate, dall’altro, nella pratica, il turismo finisce, troppo spesso, nel novero di quei settori da cui drenare risorse finanziarie per il rilancio dell’amministrazione dello Stato (centrale e locale).
E’ paradossale, inoltre, il fatto che, mentre il sistema turistico italiano risulta unito nella richiesta di un allineamento dell’Iva agli standard europei, si registra la proposizione di un emendamento che, qualora fosse approvato da parte del Parlamento italiano, significherebbe la reintroduzione di un tributo che certo non va nella direzione di stimolare la competitività del nostro comparto.
Cosa dire poi del nocumento che ne deriverebbe per tutti quegli operatori italiani e, soprattutto, stranieri che si vedrebbero assegnare un aumento ingiustificato dei costi di strutture già inserite in catalogo se non addirittura prenotate.
Aumento che, obtorto o collo, si riverserebbe inevitabilmente sul cliente determinando, quindi, un ulteriore incremento del prezzo dell’offerta turistica italiana già, da tempo, sotto l’accusa di presentare costi troppo elevati e non sempre in grado di competere a livello europeo.
Tuttavia questo aumento può essere fuorviante in quanto per essere sostenibile nel lungo periodo necessita di un maggior numero di presenze e per periodi di tempo più prolungati.
Infatti, nell’attuale momento, qualsiasi misura che porti ad un innalzamento dei costi può risultare pericoloso per tutta la catena turistica italiana che necessita piuttosto di interventi mirati orientati all’innalzamento qualitativo dell’offerta in modo da competere concorrenzialmente con i partners europei.
E’ vero che in altri Paesi una tassa di soggiorno comunque la si paga, ad esempio se si pernotta a New York se ne contano almeno due, di cui una è per l’appunto la city tax.
Ma tutta la struttura lì è diversa mentre da noi un simile provvedimento avrebbe l’effetto immediato da far lievitare ulteriormente i prezzi, proprio quando l’Italia ha invece bisogno di recuperare competitività nell’incoming.
In altri momenti se ne potrà anche riparlare, immaginando, ad esempio, come reinvestire questo tipo di introito nel miglioramento dell’offerta turistica, in un’ottica di sistema.
Ma, adesso come adesso, dobbiamo pensare al modo di riportare volumi importanti nelle strutture e una tassa di occupazione che farebbe aumentare i prezzi non è certo il sistema migliore”.

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